Arpad Weisz ha fatto la storia dell’Inter, fu l’allenatore che scoprì Peppino Meazza, portò l’Inter allo scudetto nel primo campionato a girone unico, fu un innovatore nelle metodologie di allenamento e nella tattica. Era un ebreo ungherese, dovette lasciare l’Italia nel 1938 perchè perseguitato dalle leggi razziali, rifugiatosi in Olanda, venne deportato dai nazisti dopo l’invasione, lui e la sua famiglia moriranno ad Auschwitz. L’Inter lo aveva già ricordato un anno fa con un articolo sul sito ufficiale, mentre il comune aveva messo una targa a S.Siro nel giorno della memoria. Quest’anno si è deciso di fare qualcosa di più, su stimolo dell’associazione w il calcio, Inter e Bologna (Weisz allenò anche il Bologna) insieme ai sindaci delle due città lo hanno ricordato ieri con una cerimonia, mentre le due squadre sono entrate in campo con una maglietta recante il suo volto e la scritta “no al razzismo”. Altre iniziative sono in cantiere.
Credo che si tratti della prima iniziativa nel mondo del calcio contro il razzismo non estemporanea, ma istituzionalizzata, non legata ad un qualche episodio particolare, ma come presa di posizione generale e duratura. Anche se indubbiamente molto avrà influito il gesto senza precedenti di Boateng e del Milan qualche settimana fa a Busto Arsizio, quando hanno giustamente abbandonato il campo interrompendo la partita dopo gli ululati razzisti. Meglio tardi che mai vien da dire, in un mondo, quello del calcio, abituato a minimizzare il fenomeno o a negarlo.