Poco più di ventimila spettatori di media a partita e stadi mezzi vuoti. Questi i dati emersi negli ultimi giorni sulla serie A. Niente di nuovo, ma un’inchiesta di Focus in Media fa luce sulle cause, sgombrando il campo dall’equivoco televisioni. No, non è colpa delle partite in Tv se gli stadi si riempiono solo al 55% in Italia, a fronte del 90% di altri paesi. Anche negli altri paesi esistono le pay-tv e inoltre in Italia anche gli spettatori televisivi sono in calo. Le cause sono altre: dapprima l’impoverimento tecnico della serie A, che in realtà va detto è minore di quanto sia percepito. La serie A rimane un campionato tra i più difficili, sopratutto sul piano tattico e in netta crescita negli ultimi anni, anche se bisogna crescere sul piano dell’intensità e del tempo effettivo di gioco. La seconda causa sono gli scandali, da calciopoli alle scommesse, che rendono poco credibile il prodotto, alimentano le polemiche e la cultura del sospetto. In terzo luogo, ma forse il più importante, gli stadi obsoleti, senza servizi, insicuri, territorio esclusivo degli ultrà, con un rapporto qualità-prezzo improponibile. Le soluzioni sono alla portata, un calcio più trasparente, con l’ausilio della Var, stadi nuovi o rifatti dove tutti possano sentirsi a casa, puntare sui vivai e, inoltre, ridurre il numero di partecipanti alla serie A da venti a diciotto squadre, in modo da non avere sei-sette squadre che a metà stagione si trovano a mezza classifica senza più obbiettivi.
Nella foto: Lo stadio Olimpico di Roma.