Vigilia di Inter-Fiorentina e nel rinnovato Inter media center di Appiano, Spalletti dà il via alla sua guerriglia mediatica. Una lotta su due fronti, da una parte tesa a responsabilizzare i giocatori (“Bisogna dirgli che sono dei privilegiati, che vivono in un mondo dorato e devono comportarsi da professionisti. A me lasciatemi stare, io posso dare qualche consiglio, ma sono loro che vanno in campo”), dall’altra tesa a riallinearsi con i direttori, ma tendendo qualche agguato mordi e fuggi (“E’ stato un mercato normale, ma sono contento così. Cancelo e Schick? Non è il momento di esaltare chi non c’è, sono contento dei miei undici. Vidal? Anch’io ci avevo creduto, ma ne avete parlato voi, noi mai fatti certi nomi, ma se non sarò d’accordo con i miei direttori ve ne accorgerete”). Gli viene fatto notare che invece di Vidal avevano parlato Sabatini e Spalletti e lui stesso aveva parlato di promesse da mantenere, ma il tecnico si congeda con un “dovete chiederlo a Sabatini”. In precedenza il mister toscano ha puntato molto sul senso di appartenenza, (“per me è importante chiunque paga il biglietto, dal tifoso vip al tifoso più umile. Io sono cresciuto con le figurine da bambino, ero già contento di allenare l’Ancona, i calciatori queste cose le devono capire, devono giocare per i tifosi, capire che fanno parte di una cosa grande che emoziona milioni di persone.”), parla di dare un messaggio, “gli avversari si accorgeranno che dovranno sputare il sangue sportivo contro di noi”, nega di volere un trequartista, “ne abbiamo cinque, Borja, Jovetic, Brozo, Eder, Joao Mario”. Poi, dopo un’ora di conferenza ammette, “oggi siamo stati un po’ lunghi”, non prima di aver aperto alla possibilità di una cessione di Candreva (“sappiamo che il Chelsea potrebbe fare un’offerta”) e di tirare un’altra stoccatina alla stampa (“per voi o sono fenomeni o sono falliti”).