L’Inter degli anni ’50 è un’Inter poco ricordata. A metà tra l’Ambrosiana di Meazza degli anni ’30 e la Grande Inter di Herrera degli anni ’60, si trova come compressa e non trova ampio spazio nella storia del calcio nerazzurro. Eppure i suoi due scudetti, per giunta consecutivi, li seppe vincere. Oggi vogliamo parlarvi di quello che fu il n.10 di quella squadra, proprio, manco a farlo apposta, dal 1950 al 1959. Era uno svedese ed il suo nome era Skoglund, arrivava dall’Aik Stoccolma e il suo compagno Benito Lorenzi – detto “Veleno”, ma di lui parleremo un’altra volta – raccontava come la sua dote fosse quella di non guardare mai il pallone, che portava avanti invece guardando fisso negli occhi l’avversario, che disorientato veniva bene e volentieri dribblato. Considerato da alcuni il più grande calciatore svedese di sempre, la sua vita fu però breve, costellata, si dice, dalla passione per l’alcool. Morì nel 1976, a soli 46 anni per un problema cardiaco, ma i suoi tifosi non lo dimenticarono e gli costruirono un monumento davanti alla casa paterna, dove aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita in solitudine, lasciata la moglie italiana Nuccia Zirilli – già Miss calabria – a gestire una tabaccheria a Milano, insieme ai due figli, i quali negli anni ’70 intrapresero a loro volta la carriera di calciatori divenendo idoli dei tifosi del Lecce e, va detto, in un’intervista alla gazzetta, smentirono che il padre bevesse sovente. Parleremo ancora dei numeri dieci della storia dell’Inter.
2 commenti su “Skoglund, lo svedese che ti guardava negli occhi”
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Ho avuto la fortuna di vederlo giocare:un fuoriclasse e fantasista meraviglioso.Grande Naka(il suo soprannome)non ti abbiamo mai dimenticato!
Io l’ho conosciuto da poco, dell’Inter degli anni ’50 non si parla molto.