Sentenza superlega
La giustizia europea ha sentenziato che la Uefa non può detenere il monopolio del calcio europeo. Una sentenza in linea con i principi (una volta tanto) liberali dell’Europa. Qualsiasi club è libero di farsi il suo torneo privato, starà a lui avere la capacità attrattiva e aggregativa con gli altri club e i tifosi. Ma questo è un diritto legittimo e lecito, non c’è niente di criminale o diabolico. Ora in Europa non abbiamo più un monopolio di una organizzazione burocratica ma la libera concorrenza anche nel calcio. Decideranno liberamente le squadre e i tifosi quale torneo seguire, senza minacce e demagogìe di ogni sorta.
Da questo punto di vista non si comprende appieno il comunicato di Suning, che in principio era tra i fondatori della nuova lega, e ora parla genericamente di “valori” del calcio europeo (quali? quelli della Uefa?), ma tutto sommato mantiene una linea attendista limitandosi a parlare di volontà di continuare a collaborare con l’Uefa e nulla più.
Ma come sarà questa nuova superlega europea? Le prime linee tratteggiate e comunicate dagli organizzatori dicono che non ci sarà il numero chiuso. Ma anzi, Una serie A europea da sedici squadre con le squadre veramente fatte da campioni e poi una serie B e una serie C, da cui poter scalare per arrivare in serie A, accedendo dai campionati nazionali. Le partite verrebbero trasmesse gratis in streaming, questa è la grande novità. Giudicheranno i tifosi la proposta.
E la Uefa cosa propone? Una Champions League a 64 squadre, oggettivamente un dentro tutti per mangiarsi la torta delle prebende e spartirsela con improbabili squadre dell’Est Europa e turche. Un minestrone antimeritocratico per far partecipare tutti. Una mangiatoia che annichilisce e annacqua la classe. Ma decideranno anche qui i tifosi se gli piace, però una cosa personale la voglio dire. Trovo divertente questa retorica da parte del leader dell’uefa, Ceferin, sul “calcio del popolo”, del calcio che “non è in vendita”, voglio vedere chi gli crede. Il calcio a certi livelli è professionistico ed è un business, il calcio del popolo è nei campi dilettantistici, dove la gente comune gioca, cosa c’entra il popolo con la Uefa e i diritti televisivi e degli sponsor che s’intasca scavalcando i club che partecipano alle sue competizioni?
Certo, la preoccupazione legittima è che i campionati nazionali finiscano relegati, ma anche qui, cosa offrono i campionati nazionali, cosa ci voleva a capire che bisogna ridurre la serie A a sedici o anche quattordici squadre? Come si dice chi è causa del suo mal pianga sè stesso…