La vittoria di Conte, Marotta e i giocatori
Smaltiti i meritati festeggiamenti per questo agognato diciannovesimo scudetto, è tempo dei ringraziamenti non rituali e in un periodo in cui è tornata di moda la parola meritocrazia, spesso a sproposito, è giusto dare a Cesare quello che è di Cesare, perchè non siamo tutti uguali e l’Inter non è un carrozzone familistico.
Allora procediamo, innanzitutto grazie Conte, in una stagione segnata dal Covid, con una proprietà assente, con giocatori senza stipendi, un club messo in vendita senza nessuna riservatezza, un proprietario che mentre spiccavamo il volo a Milano, da Nanchino diceva sostanzialmente che l’Inter era un tassello superfluo nell’impero di Suning. In un contesto del genere, dicevamo, con il calciomercato fermo da un anno e mezzo, Conte e con lui Marotta e in generale la dirigenza, hanno tenuto in piedi il sogno, fatto rendere al massimo i giocatori che si sono rivelati seri e professionali e lo hanno fatto tenendo un profilo mediatico basso, smentendo chi vorrebbe conferenze stampa sempre e comunque in stile cattiva imitazione di Mourinho. Non soli contro tutti, ma noi con noi stessi potrebbe essere stato lo slogan di questa svolta improntata dal mese di gennaio che può essere riassunta in tre punti:
Sul piano tecnico innesto nell’undici titolare di Eriksen e in generale maggiore coinvolgimento della rosa intera pur mantenendo un 11 titolare fisso di base.
Abbandono da parte di Conte delle polemiche mediatiche e toni bassi.
Totale isolamento della squadra dalla precaria situazione societaria, dal mondo mediatico, dalla situazione generale del mondo devastato dalla pandemia.
Risultato: Vittoria, campioni d’Italia!