Non chiamatela moviola in campo, ma VAR, che sta per video assistance referee, insomma assistenza video per l’arbitro. Sarà sempre l’arbitro a decidere, ma ora potrà essere supportato dalla visione dei replay per le decisioni topiche. Comunque la si vuole chiamare per depotenziare le fobìe verso la tecnologia, la moviola in campo è già realtà con la goal-line technology, il sistema che permette in un nanosecondo di vedere se la palla ha varcato la linea di porta e che ha messo fine alle diatribe sui gol fantasma. La VAR è stata sperimentata invece durante il mondiale per club, smentendo l’idea che procuri perdite di tempo e spezzetti il gioco, ma non riuscendo ad abolire le polemiche e non mettendo tutti d’accordo. Immancabilmente le due squadre latine partecipanti, il Real Madrid e una squadra colombiana, hanno protestato, perchè la moviola in campo non avrebbe visto un fuorigioco. In realtà in campo nessuno se ne era accorto e quindi nessuno è ricorso alla VAR. Polemiche strumentali, ironie snobistiche e isterie reazionarie a parte, la moviola in campo è ormai destinata a diventare parte integrante del calcio (come è già in tutti gli altri sport, benvenuti nel ventunesimo secolo) ai mondiali del 2018. L’obiettivo non è un’utopistica perfezione, ma ridurre al minimo gli errori e le proteste. Gli addetti ai lavori che la stanno sperimentando, come l’ex arbitro italiano Rossetti, parlano già di risultati positivi. A questo punto diverrà fisiologico portarla anche nei campionati nazionali a partire dalla stagione 2018/19.
Nella foto: L’arbitro ungherese Kassai assegna il primo rigore della storia con la VAR durante il mondiale per club 2016.