Il campione dell’Udinese Di Natale ha fatto e detto due cose, dopo la tragedia di Morosini. Ha fatto, si è preso carico della sorella disabile, non per tre giorni, ma per sempre. Ha detto, Ha poi detto che in questo calcio è impossibile giocare ogni tre giorni, perchè c’è troppo stress.
Il calcio in Italia è una cosa tremendamente importante, non solo per gli interessi, ma per come viene vissuto, non è una passione, non è un gioco, non è uno stile di vita, ma una cosa molto importante sopra la quale molti trovano occasione di darsi un tono e altri di speculare. Basti vedere di cosa si è parlato intorno alla morte di Morosini, tutti esperti medici e a conoscenza delle procedure in caso d’infarto, tutti a caccia dello scandalo malasanità. Sul recupero della partita chi chiedeva il normale rispetto del regolamento è stato tacciato di fare polemica, quando in un mare di polemiche era l’unica non-polemica. Ma torniamo a Di Natale e la sua frase sul troppo stress, ovviamente è stato aspramente e polemicamente attaccato, si è fatto il raffronto con i minatori, ma nessuno ha dato una risposta seria a quello che ha detto Di Natale, mentre Di Natale era tremendamente serio, perchè il calcio viene preso in Italia troppo sul serio, ma se qualcuno lo dice non viene preso sul serio e viene invitato a guardare ad altri lavori ben più stressanti. Peccato che si confonde la fatica o le ore quantitative o il guadagno con lo stress, che non è misurabile con questi criteri, e infatti non si segnalano casi di stress tra i muratori, mancanza di sicurezza sul lavoro, questo sì, ma sono due cose diverse. Gli si è poi fatto notare che anche negli altri paesi si gioca ogni tre giorni, ma negli altri paesi il calcio non è vissuto come in Italia.
Ma qual’è allora lo stato del calcio italiano? Sullo stato del calcio italiano ne ha fatto una veritiera disamina Fabio Monti sul Corriere della sera del 18 aprile, con il tornado calcioscommesse in arrivo per esempio, e alcune società di calcio che fanno? Cercano di abolire la responsabilità oggettiva per pararsi da penalizzazioni, anziché prendere atto che mezzo campionato è truccato, perchè ci sono venti squadre e per molte ad un certo punto la stagione non ha più obbiettivi, perchè lo spirito sportivo si è perso nella notte dei tempi, così come la solitudine nella quale è morto Petrini, ex calciatore che ha raccontato l’uso del doping a livello di cavie negli anni ’70-’80.
Ma dov’è la crisi, cosa porta giocatori benestanti a truccare le partite, a mettere a repentaglio la propria salute dopandosi? A mio modo di vedere si sono rotti tutti i vincoli, i calciatori cambiano spesso maglia, ma i tifosi non chiedono diversamente, e parlano di calciomercato tutto l’anno, salvo fare un po’ di retorica sulle bandiere che non ci sono più. Le società, tranne rare eccezioni come l’Inter, sono in mano a faccendieri pronti a fare aste sui propri migliori pezzi, mentre le big sono condannate a vincere sempre, pena contestazioni. I calciatori si affidano a procuratori che hanno interesse a far cambiare squadra i propri assistiti. Come si vede esistono tante componenti, ognuna con un proprio interesse particolare, ma non esiste più il calcio come bene superiore e comune, in una parola è la disgregazione del pallone che va in pezzi, e il suo luogo, gli stadi, sono vuoti.
Chiudendo con Di Natale, ha rifiutato la Juventus, per concludere la carriera con l’Udinese, forse le sue parole qualche fondamento ce l’hanno e meritano di essere ascoltate.