Cari amici, Crotone, Milan e Fiorentina sono state tre partite sconvolgenti, scorticanti. Ogni anno ci troviamo a chiederci cosa serva, cosa sia necessario, come sia possibile, ritrovarsi sempre nelle stesse situazioni. Le contestazioni sembrano non servire a nulla, dirigenti imbarazzati che ripetono sempre le stesse cose, giocatori che rilasciano mille interviste quando le cose vanno bene (ogni tanto) e poi spariscono quando le cose vanno male. Gli esperti dicono che una squadra si costruisce dalla difesa, ma il centrocampo è la zona nevralgica, decisiva. Sono 30 anni che seguo l’Inter e ho visto solo tre Inter vincenti, senza nulla togliere a quella del ’94 che vinse la coppa Uefa, ma si salvò all’ultima giornata: Quella di Trapattoni, uno scudetto e una coppa Uefa, quella di Gigi Simoni, una coppa Uefa e uno scudetto rubato, e quella di Mancini-Mourinho in continuità, con 5 scudetti, una Champions, svariate coppe Italia e supercoppe italiane. Poi c’è stata la coppa del mondo e la coppa Italia di Benitez-Leonardo, ma altro non era che il canto del cigno della stessa Inter di Mancini-Mou. Si può trovare qualcosa in comune, magari in quel centrocampo tanto importante? Forse sì. Tutte e tre avevano una mente pensante in mezzo al campo, un cervello, unito a una mezz’ala tutto grinta e quattro polmoni, infine un’artista, un numero dieci, un grande rifinitore. Non è una cosa precisa, una ricetta, ogni giocatore aveva anche altre caratteristiche, era eclettico, per esempio c’era il numero dieci anche potente (un certo tedesco), il polmonare grintoso aveva anche buona tecnica (un nicolino), ma eccoli, ve li presento: Le menti, Matteoli, Ze Elias e Cambiasso (in alternativa Thiago Motta), i quadripolmoni, Berti, Simeone, Zanetti (il capitano c’era anche nell’Inter di Simoni, ma giocava terzino), poi l’artista, il fantasista, il numero dieci, Matthaus, Djorkaeff, Snejder (prima Stankovic con Mancini). Per la prossima Inter la mente, il ragionatore potrebbe già essere Gagliardini, ma manca l’intermedio (fallimento Kondogbia) e il numero dieci (si sperava in Banega, Joao Mario non lo è). Agli osservatori nerazzurri il compito di trovarli, insieme a difensori esperti e magari capaci di dare qualche randellata e un terzino di qualità erede di Facchetti e Maicon, inatnto magari un certo Nainggolan potrebbe essere l’8 giusto.