Stramaccioni ama stupire, in conferenza stampa porta Gargano e poi se lo porta in panchina. In campo i cambi di modulo in corso sono ormai routine. Si parte con tanti attaccanti, ma se ci sono dei problemi in difesa si cambia per proteggere la difesa. Ieri tanti gli spostamenti. Cambiasso prima centrale di difesa, poi a centrocampo. Mudingayi interno, poi esterno. Livaya punta, poi quarto di centrocampo. Difesa a tre, poi a quattro. Bisognava trovare un modo di fermare il punto di forza del Partizan, quel Markovic classe ’94, che scappava da tutte le parti. La squadra risponde bene, anche se ieri la ricerca spasmodica del giusto equilibrio è parsa un po’ cervellotica, e i giocatori in campo un po’ spaesati. Alla fine per fermare Markovic bastava inserire il vecchio capitano Zanetti.
Tanto turn-over, come sempre in Europa league, ma ieri partita vera contro una squadra vera. Niente Baku o Spalato, c’era il Partizan Belgrado, una finale di coppa dei campioni nel ’66, un’identità di gioco, una buona organizzazione sia offensiva che difensiva, ma la differenza l’hanno fatta gli episodi e i singoli, i due portieri soprattutto: fantastico Handanovic nell’unico intervento della partita, pochi secondi dopo la papera del loro portiere Petrovic. Singoli a parte l’Inter come squadra comunque c’è, in grado di assorbire ben tre giocatori in campo impresentabili: Silvestre, Jonathan e Guarìn.
E’ un periodo fortunato, inteso come merito, si sfruttano gli errori degli avversari e si limitano i danni nelle situazioni di pericolo. Con il Catania Handujar si fa passare tra le gambe il colpo di testa di Cassano, ieri Petrovic si fa sfuggire il pallone dalle mani. Almiron dopo pochi minuti spara alto non sfruttando un liscio di Ranocchia e Mudingayi, Markovic colpisce un palo clamoroso. E’ il calcio. Però sono tante anche le occasioni sciupate dall’Inter in queste partite, con la Juve non sarà permesso.