Sarà un mercato ancora lungo quello dell’Inter, tanto deve ancora succedere, ma intanto possiamo già dire una cosa: siamo passati dal mercato delle riserve al mercato dei titolari. Che significa? E’ presto detto. La stagione scorsa l’Inter prese Dodò, che era una riserva della Roma. Poi Osvaldo, riserva al Southampton (seppur per motivi più disiciplinari che tecnici, ma quei motivi sono tornati pesantemente anche da noi), quindi M’Vila, riserva del Rubin Kazan. Anche Vidic da tre stagioni non superava le trenta presenze con la maglia dello United, seppur per via dei tanti infortuni, ma quei infortuni sono appunto continuati anche a Milano. Il solo Medel era un titolare nella sua squadra, il Cardiff. Nel mercato di gennaio è arrivato Podolski, riserva dell’Arsenal, poi Shaqiri, riserva del Bayern Monaco, Santon, fermo da un anno per infortunio e infine l’unico titolare, Brozovic, con la maglia della Dinamo Zagabria. Questo invece è il mercato dei titolari, eccoli: Kondogbia, titolare nel Monaco, Murillo, titolare nel Granada, Miranda, titolare nell’Atletico Madrid e infine la sola riserva, Montoya nel Barcellona. Si potrebbe obiettare che essere titolare nel Cardiff o nel Granada vale meno che essere riserva nel Bayern Monaco o nell’Arsenal. Eppure il campo ci ha detto che prendere gli “scarti” delle big non funziona. Non era l’abbondanza di campioni a tenerli in panchina, ma l’incapacità di adattarsi al gioco di squadra. Un limite che nel calcio italiano si è accentuato ancora di più. Seguendo questo filo bisognerebbe pensarci attentamente prima di andare su Jovetic e Salah. Due ottimi giocatori in termini assoluti, ma il primo è afflitto da tanti infortuni e in tanti anni non ha mai trovato spazio nel Manchester City, il secondo era una riserva fissa al Chelsea dove non si è mai integrato negli schemi di Mourinho. Ha fatto bene sei mesi alla Fiorentina, ma il metro di paragone per una squadra come l’Inter devono essere il Chelsea e il City, non la Fiorentina, come la parabola dello stesso Jovetic insegna.