L’accordo tra l’Inter e i nuovi soci cinesi procede con molta calma, un po’ a rilento, molto a rilento, a velocità lumaca, praticamente è fermo. Tanto che Tuttosport annuncia esultante “addio stadio di proprietà”, i soci cinesi si sarebbero tirati indietro. Moratti tranquillizza tutti ricordando che ci sono già le firme, che l’accordo c’è già stato, è “vincolante”, e ora bisogna fare in modo di metterlo in atto. Più che un messaggio tranquillizzante, un avvertimento ai nuovi soci che nel frattempo avrebbero dovuto entrare con tre rappresentanti nel nuovo Cda ad ottobre, ma anche questo passo non si è messo in pratica. Ma cos’è che non va in questo progetto, forse i cinesi hanno scoperto che la maglia dell’Inter non è rossa? Niente di tutto questo, il primo ostacolo è stato innescato dalla fuga di notizie ai primi di agosto, prima che l’accordo fosse sancito. I soci cinesi avrebbero gradito maggiore riservatezza perchè in Cina non tutti sono favorevoli all’idea che un’azienda controllata dallo stato investa in una squadra di calcio.
Sono poi sorti ostacoli burocratici, la lunghezza della burocrazia italiana da una parte, ben cinque canali da cui passare in Cina (ministero del Commercio, Ufficio Cambi, National Development and Reform Commission, Sasac e Consob locale).
Ma il vero problema è che questo progetto è sorto proprio quando in Cina si sta consumando una lotta di potere ai vertici del partito comunista, andato a congresso nei giorni scorsi, e dello stato. Quando le cose si saranno delineate sotto questo fondamentale aspetto, anche le cose tra Inter e Crcc si muoveranno in un senso o nell’altro.