“Penso che questa sia la nuova era del calcio. Questo sport è cambiato, diventando sempre più globale, è la realtà della vita. Siamo fortunati di vivere l’era di questa trasformazione, credo fermamente che sin da quel giorno del 1908, quando ci definimmo ‘fratelli del mondo’, possiamo essere stati i primi a parlare della globalizzazione e a ragionare a livello globale. Quello che stiamo facendo vale per l’Inter come per il calcio italiano, questa è l’era in cui stiamo competendo con gli altri top club nel mondo. Col supporto di tifosi, media e tutti quelli che lavorano qui dobbiamo tornare in Champions League, quest’anno ci siamo stati vicini ma la stagione non è stata perfetta. Dobbiamo però continuare a lottare, l’anno prossimo dobbiamo costruire un’altra storia. Questo anche con l’aiuto delle leggende, perché sanno qual è il significato di vestire questa maglia”. Queste sono le parole di Erick Thohir all’inaugurazione del nuovo Inter Store in pieno centro a Milano, riportate da FcInternews. Il presidente nerazzurro sta cercando di trasmettere un messaggio che coniughi l’innovazione con la tradizione. (Continua sotto)
Da una parte c’è la globalizzazione, che potremmo anche chiamare modernità, dall’altra la tradizione, che si rifà anche all’identità. Thohir, come Moratti, però sa bene che modernità-globalizzazione senza portarsi almeno un pezzo di tradizione-identità rischiano di confondere il progetto e di snaturarlo. Ma sa bene che identità-tradizione senza modernità-globalizzazione vuol dire perire, condannarsi a morte certa. Ma bisogna anche mescolare le carte, i rapporti non devono essere rigidi, ma dialettici, allora l’indonesiano riporta come la globalizzazione è già nell’identità del club meneghino, quello dei fratelli del mondo e dello spirito moderno di Milano, ma allo stesso tempo costruisce il nuovo Inter store nel pieno centro di Milano, perchè il nuovo dev’essere ben radicato nella capitale del Mondo Inter. Un fortunato slogan politico del ‘900 recitava “innovazione nella continuità”, ma le insidie erano e sono dietro l’angolo. Questa dialettica, infatti, se non amalgamata bene rischia di trasmettere un’immagine di doppiezza o di ambiguità, ma ovviamente anche di essere percepita sbilanciata in un senso o nell’altro, con l’altro elemento ridotto nel ruolo di portatore d’acqua ad una causa non sua. In questo caso molti tifosi percepiscono un’Inter troppo globale e troppo poco tradizionale, e Thohir ci tiene sempre a non dare di sè un’immagine di conquistatore. Così lui voleva Moratti ancora presidente per dare un’idea plastica di continuità, ma l’ex patron ha preferito defilarsi, non sentendosi particolarmente coinvolto nel progetto. Gli equilibri sono molto sottili e labili, al netto anche degli elementi personali.