Idee personali per il merchandising dell’Inter

All’inizio degli anni dieci fu istituito il fair play finanziario. Questo significava che le squadre di club non potevano spendere più di quello che guadagnavano. Proprio così. Decise la Uefa. Il bilancio non poteva più essere in rosso e nemmeno ripianato con iniezioni di capitali pro domo, insomma per dire de tasca del proprietario. Una bella mazzata per mecenati come papà Moratti o zio Berlusconi, ma anche tanti proprietari italiani. Non per multiproprietari come quelli del Paris Saint Germain o del Manchester City che potevano autosponsorizzarsi con tutte le loro aziende-stato. Per tutti gli altri, cosa si poteva fare allora, Aumentare i ricavi in bilancio, ma come? Intanto portando i tifosi di ogni squadra a contribuire per il club. Piccola premessa allora, le squadre con meno tifosi sono già svantaggiate da questo punto di vista. Altro che eguaglianza, fair play. Già un problema per i team con numero ridotto di tifosi. Ma per il momento mettiamo da parte questa disincronia. Gli inglesi, grandi commercianti, hanno puntato sugli stadi di proprietà dove aumentare i ricavi con zone di ristorazione (Qui le nostre idee per il nuovo stadio dell’Inter), stadi sempre più belli dove vivere una esperienza unica su misura del tifoso, posti vip dove vivere la partita da cabine separate, delle vere e proprie stanze dentro lo stadio dotate di catering, che però convivano con i tradizionali posti popolari, ma poi un merchandising a 360 gradi, dove le nuove proprietà americane si sono inserite con il loro pregresso d’esperienza nello sport d’oltreoceano e cogliendo la grande fidelizzazione del tifoso inglese che si compra anche la mutanda griffata del proprio club, cosa che l’italiano non fa. Per gli altri allora? L’esigenza di direttori sportivi al top in grado di comprare buoni giocatori a poco e rivenderli a peso d’oro, come hanno fatto i nostri manager interisti in questi anni con svariati capolavori. Ma torniamo in Inghilterra, è anche un un calcio spendibile per il pubblico televisivo mondiale, equilibrato dove può vincere anche il Leicester, prima del dominio degli ultimi anni del Manchester City; c’è poca tattica, poca difesa, tanta corsa, orari in prima serata per il pubblico asiatico, mantenendo così la tradizione del fusorario pomeridiano per il tifoso anglosassone, due piccioni con una fava. Ma torniamo al nostro bel paese, l’esigenza dello stadio di proprietà si scontra con la burocrazia statale, ideologie stataliste, contro le sovrintendenze ambientali, inoltre allargare gli spazi di ristorazione in loco e il merchandising ufficiale si scontra con infiltrazioni delle criminalità organizzate che già lucrano su questo apparato con mercati paralleli e non sempre tracciabili.

Il merchandising, gran punto dolente italiano, a mio modo di vedere manca un settore vero in questo senso per i più piccini. L’Inter potrebbe creare un pupazzo-peluche raffigurante ogni giocatore della rosa, in modo che ogni piccolo tifoso possa dormire col suo eroe, parte del ricavato potrebbe andare per i bambini malati. Bandierine e tazze personalizzabili, per esempio chiunque si è fatto un selfie con un giocatore potrebbe commissionare la tazza con la foto, o farla metterla sulla bandierina, su una maglia, o qualsiasi scritta prointer.

Questione maglie, basta con le follie, la prima maglia dev’essere tradizionale con dettagli ogni anno diversi solamente nel colletto, sulle maniche e sui fianchi, o nell’ampiezza delle righe, si potrebbe poi pensare ad una prima maglia per il campionato e una per la Champions, come fa già l’Olimpia Milano di Basket. La seconda maglia invece potrebbe ricalcare i colori della città di Milano, bianca con bordi rossi (pensiamo alla maglia crociata del 2008 per esempio) oppure grigioduomonebbia con bordi biancorossi. Capitolo terza maglia, basta con colori improbabili. Colori tradizionali neroblue anche qui, ma con un disegno ogni anno diverso rispetto alle classiche strisce verticali, ci si può svariare, dalle righe orizzontali, a scacchi, prevalenza di un colore sull’altro e così via. Poi, una maglia speciale in stile natalizio per l’ultimo turno casalingo prima del 25 dicembre da devolvere in beneficenza, come fa già la Cremonese e altre squadre. Altra maglia speciale per il compleanno dell’Inter, che cade il giorno dopo la festa delle donne, in stile rosanerazzurro da devolvere contro la violenza sulle donne. L’Inter è donna. Per l’ultimo turno di campionato una maglia total vintage, senza sponsor, riprendendo magari le maglie del passato. Infine una maglia per coppa Italia e supercoppa italiana, classica ma con un tocco di tricolore, magari una banda laterale, il colletto tricolore o un cerchio sul petto in stile “sampdoria” per intenderci.

I calzoncini, per renderli spendibili da portare anche a passeggio in estate al mare o in città andrebbero allungati all’altezza circa ginocchio e non più solo neri o bianchi, manche azzurri-blu e oro-giallo.

Siamo la squadra di pittori e artisti, perchè non coinvolgerli per creare tele raffiguranti i grandi momenti epici delle grandi Inter del passato, da appendere in salotto?

Siamo la squadra dei cantanti interisti, un bel cd dove ogni singer scriva la sua canzone sull’Inter. Registrare i cori della curva ogni stagione per un cd magari remixato nel lato b con le voci dei cantanti.

Per il tifoso magari più anziano o in generale il tanto vituperato tifoso da poltrona, la coperta di lana interista, ciabatte di lana e il mitico cuscinetto.

Mumble muble.