In questi primi due mesi di campionato hanno tenuto banco tre argomenti: il gioco dell’Inter, le scelte tattiche di Mancini e le scelte di formazione di Mancini. Sappiamo tutti che una certa stampa tende ad ingigantire le situazioni in casa Inter ed è apparso strano persino ad Arrigo Sacchi come con l’Inter prima in classifica si guardasse solo al gioco dei nerazzurri. L’Inter prima in classifica suscita invidia, questo è indubbio. Mourinho la chiamava prostituzione intellettuale, ma è una spiegazione che può andare bene in alcuni casi, ma in realtà c’è un altro versante. Il fatto è che la società Inter è più democratica di altre società e accetta la critica senza rappresaglie, lasciando così più libera la stampa e i tifosi di criticare. Si tratta di una linea di condotta che contraddistingue una grande società dalle “provinciali”, una grande società deve accettare le critiche senza vittimismi e piagnistei, come ha sempre fatto l’Inter. D’altra parte compito dei giornalisti in una società libera è quello di criticare, il problema semmai è che non lo fanno con tutti, non che lo fanno con l’Inter. Per contraltare c’è poi la stampa di partito, che ci racconta che “va tutto bene Madama la marchesa”, ma in realtà le critiche sul gioco e sulle scelte tattiche di Mancini provengono anche da buona parte dei tifosi nerazzurri, che non si accontentano delle vittorie, ma vogliono vedere il bel gioco. Anche questo fa parte del Dna nerazzurro, tifosi esigenti, con la critica nel sangue, magari a volte eccessiva, così come la passione per la tattica e il sentirsi tutti allenatori è tipico della cultura calcistica italiana. Ci sono poi alcune situazioni di giocatori che non giocano ed è normale che siano scontenti, come Brozovic e Ljajic. Parlare di “casi” è eccessivo, ma anche negare che ci sia dello scontento dopo le dichiarazioni dell’agente di Brozovic e le parole di Ljajic non è informazione, ma propaganda.