Due turni di squalifica a San Siro, punizione collettiva e i soliti noti impuniti
Due partite a porte chiuse e una terza con il solo settore curva nord chiuso dopo i fatti di ieri sera (LEGGI QUI). Questa la pilatesca decisione del giudice sportivo che punisce collettivamente un intero stadio e un’intera tifoseria per i comportamenti di un determinato settore e dei soliti noti
La motivazione sono i cori di discriminazione territoriale e quelli di discriminazione razziale, due cose a dire il vero diverse tra loro, ma ne parleremo a parte, la realtà però fa pensare che siano stati gli scontri con feriti e un morto fuori dallo stadio e quindi la necessità di far vedere che si è fatto qualcosa a far maturare la decisione del giudice sportivo. D’altra parte la curva dell’Inter fa cori razzisti e antisemiti tutte le domeniche, ma di solito non succede nulla.
Ci troviamo di fronte ad una situazione vista e rivista, già sperimentata da altre tifoserìe – non è vero come dicono certi interisti vittimistici che solo all’Inter succede (“Maestra ha iniziato prima lui, perchè te la prendi solo con me? Ce l’hai con me”) – il San Paolo e lo Juventus stadium sono stati squalificati altre volte in passato e questo è un fatto, come si è visto che mille volte la curva nord l’ha scampata, ma questo è anche un aspetto di secondaria importanza e sviante rispetto alla complessità e alla gravità dei fatti, perchè la vera questione è che si punisce una intera tifoserìa (in questo caso quella interista) in maniera totalitaria, ma anche tutto sommato simbolica, e non i singoli o anche i gruppi organizzati come si dovrebbe fare severamente.
Queste cose succedono da più di 30 anni perchè a farle sono sempre le stesse persone, volti noti a tutti, conosciuti, ma non esiste legge che squalifichi a vita dagli stadi chi commette certi reati, anche a livello penale il reato di rissa o lesione comporta pene irrisorie, ma come si fa a parlare di semplice rissa quando ci sono martelli, asce, bastoni, coltelli, azioni paramilitari? C’è quindi un vuoto legislativo, ma poi ci sono i rapporti sociali.
Gli ultras amano fare le vittime della repressione (in realtà inesistente) dello Stato, ma anche i ribelli sociali, ma in realtà hanno amici influenti in politica, nel mondo dello show-business, della malavita organizzata e sono trattati come tifosi di serie A dalle rispettive società, a discapito dei tifosi “normali”.
L’effetto di questa punizione collettiva (ingiusta perchè collettiva, ma comunque lieve, all’italiana) sarà solo quello di creare un’oggettiva solidarietà tra i tifosi “normali” e i delinquenti, uniti dalla punizione. Giusto quindi rimarcare l’ingiustizia della punizione collettiva, non tanto per dire “ce l’hanno solo con noi” e fare le vittime del sistema, ma per il fatto in sè, ma attenzione anche a non cadere in questo modo in una collusione da subcultura tribale con gli ultrà, in quella logica per cui “la mafia è male, ma le istituzioni sono peggio”. Si doveva invece chiudere la curva e basta, perchè anche se non tutti i frequentatori di quel settore sono delinquenti o appartenenti ai gruppi, chi la frequenta di fatto sottostà alle regole di un territorio comandato dai capibastone. Ma dopo un paio di turni di squalifica i soliti noti torneranno come se nulla fosse come da 40 anni a questa parte, fieri del loro falso ribellismo, della loro ipocrisia vittimistica e incassando il consenso di buona parte della tifoserìa sviando l’indignazione contro “giornalisti”, “sistema calcistico”, “altre tifoserìe”.