Fratello Cordoba, dove sei?

Eroi del Triplete

Ivan Ramiro Cordoba. Lo vedemmo arrivare nel 2000, alto 173cm, ti chiedi come fa a fare il difensore con quell’altezza, poi vedi e guarda, stacco da cestista, velocità da centometrista, intelligenza tattica da scacchista, carattere e ingaggi da rugbista, i tifosi si innamorano subito. Non c’è verso. Rimarrà dodici anni all’Inter, rifiutando due volte il Real Madrid, come fece suo fratello Javier. Colombiano classe ’76, cresciuto nel pieno delle guerre del narcotraffico, ma preferì lo studio e il calcio, guidato dal padre. Ricordo una partita a San Siro con due tizi dietro di me che dicevano che era scarso e compensava il tutto solo con la velocità, ribollivo di rabbia dentro di me a sentire queste parole orrende, ma non replicai. All’inizio, data la sua velocità, era utilizzato anche da terzino, poi col passare degli anni è rimasto sempre centrale. Ha passato di traverso tutte le sofferenze da interista, il 5 maggio 2002, i soprusi, ma sempre con orgoglio, e poi si è ripreso tutto, nella gioia delle vittorie dei cinque scudetti di fila, fino ad arrivare al Triplete. Trasmetteva fierezza e onestà alla squadra, a me sembrava un indio, votato alla compostezza guerriera di essere interista. Lasciato il calcio giocato nel 2012, proprio quando esordiva questo sito, è diventato subito team manager del Biscione, ma per dissidi con l’allora allenatore Mazzarri ha abbandonato nel 2014. In seguito è stato dirigente e socio del Venezia, ha aperto un ristorante colombiano a Milano, con recensioni brillanti e che presto visiterò anch’io, ha scritto un’autobiografia nel 2016 intitolata “combattere da uomo” che ho ordinato, la leggerò con ritardo, insomma per farvi capire che questo è solo il primo capitolo su di lui, poi vi dirò.