Le reazioni dei tifosi all’eliminazione in coppa
Dopo aver minacciato di andare a prendere i giocatori coi bastoni quando la squadra era in piena lotta per accedere agli ottavi di champions League, ora invece la curva nord al termine di una partita moscia e una eliminazione scottante invita gli altri tifosi a non fare “piagnistei” e dice che la champions non era l’obbiettivo, rivendicando come sempre la propria primogenitura nella fedeltà ai colori nerazzurri.
Evidentemente chi scrive i comunicati e gli striscioni della curva dev’essere un dottor Jekyll e Mr Hide; oltre a dimostrare la totale mancanza di empatìa verso il resto della tifoseria, non capendo che dopo una delusione così amara, contornata dall’essere l’unica squadra italiana a non passare i gironi, è normale, comprensibile e umano che ci sia anche qualche sfogo a caldo di noi cosidetti “tifosotti occasionali”, (espressione da quindicenni rivolta magari a chi segue l’Inter da 30-40-50 anni e più), così come non aveva senso contestare quando si era nel pieno della lotta, mentre non farlo ora a risultato non raggiunto e sopratutto in questo modo appare quantomeno assurdo.
Non ho pregiudizi verso la curva nord e non ho nulla contro, ma è evidente che loro si sentono una sorta di casta di mandarini dell’interismo, convinti che chi non è ultras non è nulla. D’altronde è ormai evidente che sono una realtà ormai a sè stante e minoritaria rispetto al resto della tifoseria, per una loro legittima scelta. In fondo è nella vocazione dell’ultras, movimento da sempre nato per differenziarsi dal tifoso “normale” – considerato con disprezzo un “piccolo-borghese”, sull’onda degli opposti estremismi degli anni 70 – dipingersi come elite avanguardista, militaresca e cameratesca e considerare il tifoso della tribuna e dei distinti inferiore, allora devono sempre fare il contrario (o forse più banalmente è la vecchia gara a chi ce l’ha più lungo oppure del rivoluzionario che si trasforma nel burocrate distributore di patenti).
Dire che la Champions tanto non era l’obbiettivo facendo spallucce sottrae dalla realtà che qui stavamo parlando di una qualificazione agli ottavi. Nessuno, infatti, pretendeva la vittoria della champions, anche se prima o poi bisognerà ritornare a pretenderla, perchè i proclami dei cinesi e prima di Thohir erano proprio quelli, riportare l’Inter nella Top Ten europea, quindi obbiettivo minimo ottavi/quarti di champions e lottare per lo scudetto.
Sociologicamente è interessante vedere una curva dalle maldissimulate simpatìe fasciste avere questa folgorazione per una proprietà di comunisti cinesi, che in quattro anni non hanno vinto nulla, nonostante le immense potenzialità economiche, ma anche vedere una curva prima dire mai prendere qualcuno dalla Juve e poi sostenere lo stesso “juventino” a spada tratta solo perchè insulta i giornalisti in una decrepita e pecoreccia cattiva imitazione di Mourinho, che abbiamo già visto fare dal salumiere toscano e dal contadino filosofo toscano. I paradossi sono sempre interessanti, o forse i (finti) opposti si attraggono. E allora forse è meglio Lino Banfi come allenatore e Abatantuono come capo ultrà. D’altronde anche un grande regista come Quentin Tarantino è appassionato di B-movie, come tutti noi, ma l’Inter, come dice il detto, non è mai stata in serie B è l’è un’altra roba. Mourinho era Quentin Tarantino, un grande regista che nobilita i B-movie, Mazzarri, Spalletti e Conte sono invece dei buoni registi di b-movie che pretendono di essere Quentin Tarantino.
Allora ha pienamente ragione chi dice che certi interisti sono prigionieri del passato, di un mourinhismo che oltre ad essere inimitabile, se non si ha lo stile e l’ironia del Vate, lo stesso Josè ha abbandonato da anni, per chi lo segue ancora nelle sue avventure al Tottenham. Gli artisti non sono mai uguali a sè stessi, i mediocri imitatori sì. I tempi sono cambiati, Le stagioni degli show in conferenza stampa sono desueti, il soli contro tutti deve cedere il passo ai fatti sul campo, che deve tornare ad essere centrale, le retoriche parapolitiche sono finite, come tutti i movimenti che passano dalla rivoluzione alla poltrona. Il calcio, la città, la lealtà sportiva, i risultati, sono l’unica cosa che conta. Dopo dieci anni è tempo di voltare pagina. Per tornare a VINCERE.
O per dirla in maniera più semplice, se vinci scudetti e triplete e ti attaccano hai ragione a controattaccare, ma se non vinci nulla le critiche e anche gli sfottò li devi accettare, è la realtà, il resto è paranoia.