Cos’è cambiato con il Chievo? Bisognerebbe rispondere con un’altra domanda, cos’è cambiato negli ultimi venti minuti con il Catania? Il gol di Forlan che piega le mani a Carrizzo è stato una sorta di Adesso basta, ma anche un segno che questa squadra la condizione fisica ce l’ha, per fare due gol nei venti minuti finali e replicare nei tre minuti finali della partita dopo col Chievo. Aveva bisogno di sbloccarsi. Dopo l’Adesso basta di Forlan è venuto il momento a Verona di giocare di squadra. Nel primo tempo si è vista una squadra giocare la palla a due tocchi, controllo e via al compagno. Niente di trascendentale, geometrie ripetute, quelle di sempre ormai, Stankovic che allarga lungo per Maicon, Maicon che filtra per Milito appostato spalle alla porta per fare da sponda, oppure Zanetti che conquista palla e taglia verso il centro o appoggia a Maicon, dall’altra parte Nagatomo che si sovrappone, Sneijder che converge per cercare lo spazio per il tiro o chiedere il triangolo al compagno. Cose che gli avversari ormai conoscono a memoria, ma sempre meglio che portare palla, non giocare di squadra, e cose che comunque se fatte bene e con il giusto ritmo possono chiudere nella propria metà campo il Chievo, e non so se la difesa del Marsiglia è più forte e organizzata di quella del Chievo, sulla carta no.
E poi i calci piazzati, prova del nove della concentrazione, noi finalmente pericolosi e poi vincenti con l’incornata di Samuel, dall’altra parte nessun rischio per noi. Va detto che nel secondo tempo il Chievo ha rinunciato ad ogni velleità offensiva già al 60′ togliendo un centrocampista per un difensore, ma questo è anche segno di un ritorno ad un minimo di timore reverenziale che le avversarie nelle ultime partite avevano completamente perso nei confronti dell’Inter, tanto che un giocatore del Chievo prima della partita dichiarava baldanzoso “diamogli un’altra mazzata”. Chissà come si dev’essere sentito dopo la testata di Samuel, un po’ di mal di testa per il mazzolatore della squadra degli asini volanti. Sempre per chi ci crede che volano.
In conclusione da una crisi così profonda si esce con gli episodi, il lavoro di squadra, e tante piccole cose e dettagli. Piccole cose o dettagli che molti non capiscono, come l’importanza del pareggio col Catania per come è maturato, o l’abbraccio collettivo della squadra per aver battuto il Chievo, segno di uno spogliatoio unito tra l’altro, cosa quest’ultima che ha stupito molti che ancora credono alle favole dei mass-media e le ripetono a pappagallo, come la storiella insultante dei clan.
Il ciclo vincente dell’Inter iniziò nel 2005 con la Coppa Italia e la Supercoppa italiana, molti tifosi le videro come due coppette, pensando di avere così una mentalità vincente, era invece una mentalità magniloquente e perdente. Mancini spiegò che i vincenti vogliono vincere anche le amichevoli, figuriamoci la Coppa Italia, e se batti il Chievo dopo 47 giorni che non vinci è da vincenti esultare come se avessi vinto una coppa, non snobbare e borbottare ripetitivi vaniloqui che non portano da nessuna parte. E così ogni partita.