Contro Sarri, simbolo della mediocrità esaltata dalla retorica populista

(Photo by Maurizio Lagana/Getty Images)

Finalmente ho potuto vedere dal vivo il calcio di Sarri, il suo gioco definito profetico e geniale mi intrigava e incuriosiva, volevo assistervi. Beh, posso dire in tutta franchezza che l’ho trovato noioso, meccanico, ragionieristico, disumano, privo di creatività e pieno di mediocrità da impiegato di banca (senza offesa per nessun lavoratore bancario). Sarri va in giro in tuta come un insegnante di educazione fisica, dispone i giocatori come birilli, ma in tempi di populismo e demagogia questo è esaltato come una forma di moralità superiore, invece andrebbe visto per quello che è, una forma di sciatterìa di un fanatico che si crede più importante dei giocatori, che usa come ingranaggi di una macchinetta ripetitiva, la cui forza è solo data dalla velocità di esecuzione e dalla vena di Insigne e Mertens. In lui c’è qualcosa di metapolitico, iconico, che trasmette dagli occhiali retrò alle sigarette, fino allo sguardo, mette insieme il rancoroso nostalgico di sinistra deluso dalla sinistra ufficiale con il populista di destra, un miscuglio vittimistico condensato dal fatto che da anni piange di non avere una rosa all’altezza di Juve, Inter e Milan, un piagnisteo senza senso quando ha giocatori, riserve e titolari, di prim’ordine. E’ talmente provinciale da considerare le coppe europee come un fastidioso orpello e poi è maleducato, ancora ieri ha insultato una giornalista in un modo vigliacco. Quindi lo devo dire, lo ammetto, sono colpevole, perchè la mia posizione è minoritaria, ma Sarri mi è antipatico, ma giuro che non ho pregiudizi, se davvero ieri sera a San Siro avessi visto qualcosa di eccezionale lo avrei ammesso, lo avrei riconosciuto, invece ho visto un calcetto monotono e ossessivo, fatto di gabbie e privo di orizzonti, degno di un falso profeta, di un eterno secondo.