Sono 61582 gli spettatori che gremiscono gli spalti di San Siro. Di scena c’è la bella Lazio e non ci sono feste natalizie che contino. Da Roma arrivano in 3500 assiepati dietro gli striscioni Irriducibili e Lazio Fans, più diversi stendardi illeggibili. I laziali in Italia sono stati i primi a lanciare la moda dello stendardo appeso, ma lo striscione a mio modo di vedere rimane sempre più affascinante, riconoscibile e caratterizzante. Non mancano diversi bandieroni, ripetutamente sbandierati. La Banda bagaj ricorda a Lippi come “le tue parole ci onorano, la tua juventinità non è proprio mai stata nel nostro dna”. I primi due anelli sono praticamente esauriti, solo qualche sparuto seggiolino agli angoli del primo rosso rimane vuoto, la società ha così deciso all’ultimo di aprire il terzo anello rosso, ma ai botteghini si sono presentati in pochi, non più di un migliaio. Mi reco allo stadio come sempre con largo anticipo, ma questa volta per un motivo particolare, devo incontrare Amedeo, tifoso giramondo di lunghissima data, che più volte ci ha scritto sul sito. Con lui c’è anche la bellissima nipote, alla sua prima assoluta allo stadio, affascinata dalla grandezza di San Siro. Amedeo mi ricorda di come presenziò ad un Inter-Lazio il 23 aprile 1967, che anche questo, incredibilmente finì 0-0. Prendiamo il nostro posto, molto vicino al campo, il tempo di raccontarmi delle sue esperienze di delegato sindacale nelle fabbriche tedesche degli anni ’60 e della dura vita degli italiani emigrati e l’arbitro fischia l’inizio della contesa. Il clima è un po’ dimesso, nel prepartita pochi hanno cantato gli inni, la società non ha organizzato nessuna coreografia, ma ci pensano curva nord, banda bagaj e templari a colorare lo stadio, mentre il pubblico segue in silenzio preoccupato e impaurito le prime battute del match, la curva non fa mancare il suo sostegno ritmato dai tamburi, srotolando a ripetizione striscioni a favore degli amici laziali, da “Laziale tieni duro”, ad uno per Gabriele Sandri, fino ad uno per ultras scomparsi e diffidati. Il martirologio è una caratteristica delle curve italiane, a cui corrisponde da qualche anno anche il costante saluto ai nascituri e a considerare il numero di “Benvenuto/a…” il calo demografico non deve riguardare il mondo dei tifosi organizzati. I laziali partono incostanti, mentre la curva di casa è più continua, ma non imponente come al solito. Intorno al quarto d’ora inizia una serie di scambi di cortesie, “Milan vaffa” dai biancocelesti e “chi non salta è giallorosso” dai nerazzurri, poi addirittura un “olè olè Inter” dal settore ospiti che poi coinvolgono tutto il blu in un “chi non salta è rossonero”, fino a spingersi a invitare “tutto lo stadio” a fare “chi non salta è della Roma”, che però non viene seguito, mentre i boys ripetono “Gabriele uno di noi”. In campo la partita non è entusiasmante, ma si scalda nella ripresa, proprio mentre dal punto di vista atmosferico cala il gelo sui gradoni di San Siro. I romani insistono con un singolo incessante coro per diversi minuti, mentre non mancano i coloriti epiteti dal pubblico del primo arancio verso gli spauriti e stanchi gladiatori nerazzurri, con Candreva come sempre preso di mira, ma alla sua uscita la maggioranza lo applaude, mentre a fischiarlo sono i suoi ex tifosi giunti dalla capitale. Fischi anche per Brozovic. Nonostante lo zero a zero, la partita ha il suo di avvincente, prova ne è che pochissimi abbandonano prima del fischio finale, ma alla fine è bianco Natal con qualche sporadico fischio e appuntamento al 21 gennaio contro la Roma.