Il programma del week-end pallonaro da poltrona proponeva una lenzuolata di big-match e derby inglesi, su tutti quelli di Manchester e Liverpool, il derby d’Italia e Real Madrid-Siviglia in Spagna. Alla fine, chi ha fatto abbuffata di gol è stato solo il Real Madrid, vincendo 5-0.
In Italia tutte le prime quattro hanno fatto 0-0, tanto che qualcuno ha parlato di ritorno ai plumbei anni ’70. Mentre il West Ham si aggiudicava il derby di Londra contro il Chelsea per 1-0, Liverpool ed Everton pareggiavano, andavano in scena i due big-match del calcio inglese e italiano.
Juve e Inter propongono un calcio dove la fase difensiva prevale su quella offensiva, fatto di tattica, duelli individuali serrati e pochi spazi. Il risultato, quasi inevitabile, è quello di 0-0. City e United invece fanno un calcio completamente opposto, spazi enormi, zero tattica a centrocampo con Mourinho che concede gli spazi centrali al City per blindare le fasce e l’area di rigore.
Ne consegue una sorta di street football dove il centrocampo non esiste, ma si passa da un’area all’altra dove si dà vita a dribbling, funambolismi e giocate rapide e individuali, ma alla fine sono gli errori difensivi e i calci piazzati a sbloccare la partita. Nella ripresa viene fuori l’atmosfera, la fisicità, l’agonismo e il ritmo intenso del calcio britannico, reso più spettacolare dal clima nevoso.
Alla fine però, sia a Torino che a Manchester, prevale la delusione, l’unico fuoriclasse che eccelle è ancora il vecchio David Silva, gli altri appaiono acerbi o incompleti. Più spettacolare il match inglese, ma è un calcio più facile di quello italiano, praterie in campo e difese allegre gli tolgono credibilità. Più difficile il calcio italiano, ma poco spendibile come prodotto mediatico e con le individualità incatenate ai dettami tattici degli allenatori. Alla fine però, dopo anni di magra, sia le inglesi che le italiane stanno avanzando nelle coppe europee e finalmente potremo vedere dei duelli tra le due scuole, mentre perdono terreno le tedesche e si registra qualche battuta d’arresto delle spagnole, sempre a livello continentale.
Intanto registro il completo cambio filosofico di Guardiola, anni fa pensavo che era un dogmatico del tiki taka, in realtà è un allenatore che si adatta al materiale umano che ha a disposizione e al campionato in cui gioca. Il Manchester City gioca un calcio diversissimo da quello del Barcellona di Iniesta, più duttile e ibrido.