Razzismo reale e razzismo immaginario, l’ultima strampalata polemica mediatica
Sta scatenando un vespaio di reazioni sdegnate il titolo del corriere dello sport scelto stamane per presentare la sfida Inter-Roma di domani sera. “Black Friday” è il titolo, gioco di parole a indicare la partita di venerdì, i due giocatori neri Lukaku e Smalling e la recente giornata di sconti. Il titolo sarebbe secondo alcuni di stampo razzista. Chi ci legge sa che ci siamo sempre schierati contro il razzismo, ma in questo caso qualunque persona intelligente capisce che non c’è nessun razzismo.
Oltre al fatto che basta leggere l’articolo per vedere come sia tutto un’esaltazione dei due giocatori, del loro colore della pelle, delle loro origini africane, della loro lotta contro il razzismo, tanto che al più si potrebbe parlare di razzismo alla rovescia, ma a meno che non si voglia definire razzista anche uno slogan come “Black Power”, coniato dagli afroamericani negli anni’60 durante la loro lotta per i diritti civili, ci può vedere del razzismo solo chi pensa che la parola “Black” abbia qualcosa di dispregiativo e se lo pensa forse sotto sotto il razzista è lui.
Quindi no al razzismo, ma anche no alla caccia alle streghe e all’isteria paranoica o al conformismo linguistico. Sappiamo che in questo momento il tema razzismo è preda dell’attuale dibattito politico e delle sue reciproche strumentalizzazioni, quindi non ci entreremo più, se non per il fatto che riguarda indirettamente l’Inter, ma anche perchè Suning ha prodotto oggi un nuovo tweet contro “razzismo e “ogni forma di discriminazione”, il che mi pare un livellamento concettuale e una sovrapposizione pericolosa: perchè un conto è il razzismo, altro conto l’idea egualitarista che non deve esistere nessun discrimine, nessuna differenza, in ogni forma possibile. Un conto è combattere il razzismo, altro conto è promuovere l’idea che dobbiamo essere tutti uniformemente uguali.
Ma come detto, oggi la nobile battaglia contro il razzismo non verte più sul terreno culturale o sociale, ma è nel pieno di una contesa politica, quindi forse anche Suning potrebbe rivedere le sue campagne di rieducazione collettiva, seppur nate anche sull’onda di fatti gravissimi, per non farsi strumentalizzare, senza considerare che, purtroppo, se c’è qualcuno che sta colonizzando l’Africa nel 2020 è lo Stato cinese.
Amala.