Una giornata fresca, ma mite e discretamente soleggiata, è il giorno di Inter-Bologna. Mi avvio in metropolitana senza maglione, ma tra i tifosi c’è poca voglia di parlare. Dieci partite tra campionato e coppa senza vincere si fanno sentire. Prendo posto questa volta al primo arancio, ma prima di assestarmi al mio seggiolino mi posiziono in basso sulle scale per assistere al riscaldamento e vedo cose che non mi piacciono. Giocatori fiacchi, che si palleggiano la palla senza intensità, nessun torello, mani sui fianchi, non fa presagire nulla di buono.
Il pubblico c’è, ma non sono i 45000/50000 ufficialmente notificati, una stima ad un occhio allenato da anni di stadio dice non più di 40000, ciò vuol dire che almeno 5000 abbonati sono rimasti a casa, magari legittimamente a sciare per la settimana bianca e non si può pretendere di più.
Il colpo d’occhio dice quasi pieni primo blu, arancio e verde, pieno il secondo verde, molti vuoti al primo e secondo rosso come al secondo blu, non vedo dalla mia postazione il secondo arancio, chiusi al pubblico terzo rosso e verde.
Nel settore ospiti invece ci sono circa 500 tifosi rossoblù, divisi in un gruppone centrale e due gruppetti laterali, più qualche tifoso sparpagliato in alto. Nessuno striscione, ma tanti stendardi, tra i quali si riconoscono i classici coi martelli incrociati dello storico gruppo Forever Ultras, mentre sventola l’immancabile bandiera giamaicana dei Freak Boys. Quattro i bandieroni, poco sbandierati però.
La rivalità appare molto forte, nei primi cinque minuti di gioco le due tifoserie si insultano reciprocamente senza incitare le proprie squadre, poi inizia il tifo a favore. La curva nord è costante e compatta nella prima mezz’ora, mentre è davvero incostante il tifo dei tifosi bolognesi. Dopo la mezz’ora anche il tifo di casa si fa più fioco, continuano ad incitare solo i tifosi dietro gli striscioni Boys, Ultras e Brianza, mentre dietro la seconda balaustra solo lo zoccolo centrale dietro gli striscioni curva nord e squilibrati, dove sono posizionati almeno dieci tamburi, che scandiscono i cori, mentre i bandieroni verranno sventolati incessantemente per tutti i 100 minuti di gioco.
Ad inizio partita la Milano Nerazzurra, posizionata nello spicchio al confine con il rosso, celebra i trenta anni di attività con lo striscione “siamo di un’epoca diversa, ma l’anima è la stessa”, contornato da un bandierone raffigurante l’esterno del Meazza e il biscione, messaggio forse a sottolineare la continuità con il precedente nome del club, “Potere nerazzurro”, per la cronaca all’epoca unico gruppo ideologicamente rosso della curva nord e inizialmente posizionato al primo anello.
Nella ripresa le cose sembrano non cambiare, poi intorno all’ora di gioco l’ingresso di Rafinha accende gli animi, si registra un fortissimo “Inter, Inter” e un “olè olè Inter”, mentre l’uscita di Brozovic era stata accompagnata da una caterva di fischi, un po’ meno ma non di molto di quelli sentiti ripetutamente per Perisic nel primo tempo e al riposo. Il gol di Karamoh invece accende un vero e proprio tripudio, ma c’è anche da ricordare che lo svarione di Miranda era stato rincuorato con un sincero applauso di incoraggiamento di quasi tutto lo stadio verso il brasiliano, mentre l’ex Palacio viene ripetutamente applaudito. La partita si chiude in un clima caldo e appassionato, ed indubbiamente c’è un nuovo idolo tra i tifosi nerazzurri, si chiama Karamoh.
Chiudo questa cronaca ambientale con quanto sentito di ritorno a casa dall’opinionista ed ex portiere della Lazio Marchegiani su Sky, che parla di un San Siro nerazzurro difficile, di fischi duri verso Brozovic. Sono onestamente stufo di sentire queste manfrine verso il popolo nerazzurro, riprese anche da una parte degli interisti stessi. Anni fa il Meazza era oggettivamente difficile, ricordo negli anni ’80 e ’90 che al primo passaggio sbagliato partivano i primi fischi, contro le squadre di mediobassa classifica se non si passava in vantaggio entro i primi trenta minuti il pubblico iniziava a rumoreggiare, mentre la curva da parte sua era umorale, a volte sosteneva ad oltranza la squadra, beccandosi con il resto del pubblico con il classico coro “e voi siete un pubblico di m…”, restituito da insulti e gestacci degli altri settori, in particolare il primo rosso, a volte invece gli ultras erano i più duri a contestare, ricordo un Inter-Verona di fine anni ’80 – dove tra l’altro strappai un autografo da Pierino Fanna quel giorno squalificato in tribuna – con tutto il settore ad incitare polemicamente il Verona nei minuti finali di un difficile zero a zero. Parlare di un San Siro esigente in questi anni è invece francamente assurdo, da dopo il triplete il clima si è decisamente addolcito e il tifo interista si è tranquillizzato, quasi avesse raggiunto un karma con lo storico 22 maggio 2010, ai limiti del buonista, si sente qualche fischio come in tutti gli stadi, ma nulla più, la curva qualche volta ha tirato fuori qualche striscione durissimo, ma il tifo di fatto è sempre stato oltre l’acritico e l’incondizionato. Al povero Moratti non veniva perdonato nulla, a pensarci bene per Thohir e Suning è una vera pacchia.