Cara Inter, a mio modo di vedere c’è qualcosa che non va. Non parlo delle ultime prestazioni, ma voglio fare un discorso un po’ più ampio; premesso che ovviamente non si tratta di un abdicazione alla fede nerazzurra. Nel 1967 la grande Inter perde uno scudetto già vinto in quel di Mantova e la finale di coppa dei campioni contro il Celtic Glasgow. E’ la fine di un ciclo glorioso, ma forse durato troppo poco. Qualcuno accusa Herrera di aver spremuto troppo i giocatori e 43 anni dopo qualcosa di simile si potrà dire di Mourinho, che se la svigna a Madrid. Sono passati 50 anni da allora e in questo tempo trascorso noi vediamo che se togliamo il quinquennio magico 2006-2010, dove oggettivamente abbiamo vinto di tutto e di più, nei restanti 45 anni ci rimangono tre scudetti, tre coppe Uefa, più quattro coppa Italia e un paio di supercoppe italiane. A me, modestamente, sembra un po’ pochino considerate le risorse spese, le ambizioni, le aspettative create e la passione infinita di milioni di tifosi. Ruggeri, Tozzi e Morandi negli anni ’80 cantavano una canzone intitolata “si può dare di più”, un inno al senso di colpa e al finto impegno di artisti e cantanti che ha avuto nuova linfa anche all’ultimo Sanremo, ma nel nostro caso si può veramente dire, parlando di cose importanti come l’Inter e non di cose di cui ci interessa relativamente poco come la fame nel mondo, si può dare di più.