L’Inter ricorda Giuliano Sarti, scomparso poche ore fa all’età di 83 anni. Il portiere della Grande Inter, viveva da anni in Toscana con la famiglia. Cresciuto in Emilia, vendeva verdure per il padre e i contadini del posto lo pagavano in uova, ma divenne calciatore quasi per caso, quando a Cento fu chiamato a sostituire un portiere infortunato. Scartato dal Torino, giocò prima in seconda categoria e poi in promozione, prima del grande salto alla Fiorentina, dove vinse uno scudetto e arrivò in finale di coppa dei campioni con il grande Real. In porta si annoiava e a palla lontana faceva qualche tiro di soppiatto dalle sigarette dei tifosi, ma fu un grande innovatore, il primo a uscire dall’area piccola, cosa impensabile allora, il primo a dare indicazioni ai compagni della difesa e a guidarli, tanto che approdato all’Inter, Herrera lo ribattezzò “hombre della revolucion”. Oggi Sarti si chiedeva come potessero comunicare portiere e difensori parlando lingue diverse, ma aveva idee innovative anche per riavvicinare i tifosi: Riaprire al pubblico gli allenamenti e bando ai tatticismi. Come detto aveva iniziato tardi e aveva imparato tutto d’istinto, affinando con il tempo una tecnica scientifica, che lo portava ad anticipare le traiettorie evitando i tuffi e le piroette sceniche tipiche dei portieri di allora, facendo sembrare facili le sue parate. C’è chi dice che per questo fu chiamato poco in nazionale, dove collezionò solo 8 presenze. All’Inter raccontava di aver trovato un ambiente più professionale, i compagni di squadra non erano più amici, ma colleghi, il calcio non era più un gioco, eppure lo legava il grande rapporto umano con Angelo Moratti.
Fonti: Storiedicalcio.altervista.org