Ilaria D’Amico lo vorrebbe coccolare, per Maurizio Costanzo è il Garibaldi del calcio, per Maradona è il miglior giocatore al mondo, per gli irriducibili della Lazio un nemico da onorare, Salvini ne vorrebbe fare un simbolo della sua nuova destra nazional-populista, per i giornalisti sportivi rappresenta la grande occasione per rispolverare un vecchio attrezzo del mestiere, chiamato retorica, per il conformista da social network il simbolo nostalgico di un calcio che non c’è più, non ci sono più le bandiere e le mezze stagioni, si stava meglio quando si stava peggio, il mercato della nostalgìa, del rancore, ha trovato il suo simbolo nazional-popolare, con buona pace di Gramsci, che forse aveva in mente qualcos’altro, lo avete capito, stiamo parlando di Francesco Totti, il Papa di Roma, la vittima delle multinazionali amerikane, dell’allenatore, che per statuto nel calcio bar-social, non capisce nulla, è invidioso del suo talento, e come se non bastasse Valentino Rossi si è infortunato. In questo mondo non ci vogliamo più stare, aridatece er pupone, è il delirio collettivo. Spalletti, scappa finchè sei in tempo. Resistiamo alla romanistizzazione del calcio italiano.