Stefano Pioli parla di presunzione, di problema di testa e non di gambe. La Gazzetta dello sport individua invece nel crollo fisico la causa della terza figuraccia europea in due mesi da parte di quei giocatori che indossano la maglia dell’Inter. Aggiunge anche le responsabilità individuali di Murillo e la fragilità psicologica. L’impressione è che siano bastati due gol per far affiorare arroganza verso gli atleti israeliani da parte dei virgulti (a parole) nerazzurri, non memori di quello che era successo a San Siro in settembre. In fondo eravamo sul 2-2 nel computo dei 180 minuti, non proprio roba da pavoneggiarsi nella piccola e calorosa arena di Beersheva, dove erano presenti anche diversi interisti locali, oltre ai coraggiosi giunti dall’Italia. Al crollo fisico credo meno, anche se è evidente che questa squadra non regga il pressing alto e l’intensitè sacchiana imposto prima da De Boer e poi da Pioli. Il buon Vecchi, prima di tornare alla primavera, aveva ben analizzato ponendo la necessità per questa squadra di gestire i momenti della partita, cambiando velocità in corso. Lo hanno però rimandato ad allenare i giovani con il suo buon senso. Fa piacere che anche la grossa stampa si accorga del problema Murillo, che dura da un anno, se ne era accorto anche Pioli, prima che la soluzione Medel si infortunasse. Fragilità psicologica? Mah, questo lo può sapere solo chi è nello spogliatoio. Nessuno però affronta il vero motivo di queste debacle: la totale assenza della società, la totale assenza di figure dirigenziali forti, una confusione, un vuoto e una debolezza a livello societario che si trascina da anni e di cui non si vede la fine. E sullo sfondo spadroneggiano procuratori e consulenti banchettano.