E’ un Moratti a tutto campo quello intervistato da Walter Veltroni per il Corriere dello sport, libero dalle responsabilità e ormai lontano dai riflettori, il presidente può parlare e sorprendere liberamente dei suoi anni da protagonista, degli uomini che lo hanno affiancato, della sua passione e anche delle questioni più dolorose. Ecco le sue parole:
FACCHETTI «Un atleta fuori dal comune, per mio padre. Un giocatore eclettico, capace di marcare l’ala avversaria e di segnare gol bellissimi. Un prototipo del terzino moderno. Per me, da dirigente, un campione di lealtà e di onestà. Lui amava il calcio al punto di non poter immaginare che intorno, o dentro, ci fossero cose sporche. Era un uomo di straordinaria pulizia, capace di capire e di contraddire, con affetto e sincerità. Se ne è andato troppo presto, per l’Inter e per il calcio italiano. Mi manca, penso spesso a lui. E a quei giorni di vittorie esaltanti in bianco e nero. Ai quali sono seguiti quelli dei trionfi a colori. Una storia che continua. Sempre uguale, sempre diversa».
TRIPLETE «Il momento più bello della mia vita sportiva. La gente piangeva per la gioia, quel successo è qualcosa che rimarrà nella vita di tante persone. Lo so che è un gioco, ma anche quella dimensione occupa un posto nella storia degli uomini. Si gioisce di qualcosa che altri fanno ma che si sente come propria. E, per me, era il risultato di tante sofferenze, di tanti impegni, di tanti sforzi. Era il frutto del lavoro di tanti. Dei giocatori come del magazziniere».
ADDIO “E’ stata una decisione serena, dopo tanto tempo e tanti successi. Per me è stato un privilegio e non un lavoro. E’ stato fortuna e piacere. Forse mi manca quel ritmo di vita, quell’idea che, nella tua settimana, insieme al lavoro c’era questa meravigliosa dimensione ludica su cui potevi influire da protagonista. E che poteva far emozionare tante persone».
SAMUEL «Non si stupisca se le dico un giocatore che forse non è considerato tra i fuoriclasse: Samuel. Con lui abbiamo sistemato la difesa. All’inizio cercavamo solo attaccanti, poi ho capito che senza difesa forte non si va da nessuna parte. Poi a me piacciono tutti i giocatori un po’ pazzi. Avrei fatto follie, ai suoi tempi, per George Best e oggi le farei per Dybala, secondo me il talento più forte in circolazione. Un grandissimo».
MOURINHO «E’ un grande professionista, serissimo, con un grande senso del dovere. Ha rispetto della società e della proprietà. E’ un tecnico eccezionale e una persona vera. Non so se questo sia in contrasto con l’immagine che vuole dare di se stesso. Ma questo è il Mourinho con il quale ho lavorato e grazie al quale abbiamo raggiunto quello storico risultato».
MANCINI «Mancini è un campione, non bisogna mai dimenticarlo. Lo è stato da calciatore, lo è stato da allenatore. Con me, nel suo primo ciclo, fu eccezionale. All’inizio di questa nuova esperienza aveva molte attese, molte speranze e rilanciava sempre. Non aveva ottimi rapporti con la società e i risultati di questa fase non hanno aiutato. Era un rapporto destinato a chiudersi. De Boer mi ha fatto un’ottima impressione. E’ un grande esperto di calcio, attento al dettaglio, capace di capire».
RONALDO «L’acquisto più importante? Sicuramente Ronaldo. Perché nessuno se lo aspettava. Fu un grande investimento, da tutti ritenuto impossibile per l’Italia. Ma si rivelò, anche dal punto di vista economico, un affare. E poi fece sognare. E il calcio, come ho cercato di dire, ha bisogno di sogni, sempre. Persino per il suo benessere finanziario. E’ come ogni espressione artistica. Se non è bella, non ha mercato. E’ poesia, anche per essere business». (Continua sotto)
CALCIO MODERNO «E’ il frutto di processi di modificazione dell’economia e del ruolo che il calcio, divenuto industria, oggi riveste in essa. Il mondo è globalizzato e si è trasformato in un complesso sistema unico. E, rispetto al passato, nulla è definitivo. Il calcio è entrato a far parte di questo mondo, ci piaccia o no. Guardi, quando si è presidenti di una squadra deve prevalere una specie di senso del dovere. Con i conti che devono quadrare ci sono anche altre cose: le emozioni dei tuoi tifosi, che sono anche il tuo mercato, la misura della loro passione, la forza del loro sostegno. Io forse mi sono fatto talvolta fregare dalla passione. Ma quella passione, nel calcio, è anche il senso del dovere, persino aziendale, di un presidente. Mi ha colpito vedere, se è vero quello che dicono i giornali, che è stata la cordata cinese a bloccare un acquisto ritenuto necessario dallo staff tecnico del Milan. Berlusconi non credo che lo avrebbe fatto. Ecco l’equilibrio tra le ragioni della finanza con quelle tecniche e del cuore è la nuova frontiera del calcio industria o, se vuole, del calcio moderno».
STRANIERI «Se mi provoca dolore vedere in campo nell’Inter solo giocatori stranieri? Sinceramente? Sì. Poi io difendevo la scelta tecnica ma mi sembrava un peccato. Anche se devo dirle che gli stranieri, se possiamo chiamarli ancora così, dopo tre mesi si ambientano facilmente. Per le ragioni che le dicevo, per il bisogno di risultati in questo tempo bulimico, i tecnici non amano rischiare con giocatori giovani ma inesperti. Un ragazzo fortissimo nella primavera fa una grande fatica a entrare in prima squadra. E si perdono talenti. Anche se chi conosce la storia del calcio sa che esistono, dio solo sa perché, delle generazioni che sfornano talenti e altre no. Ma non c’è dubbio che bisogna creare opportunità perché questi talenti crescano».
LEGA CALCIO «Sono un po’ di anni che si riuniscono periodicamente per discutere, con interminabili litigi, di un solo tema: la ripartizione degli introiti televisivi. Io non frequentavo molto, forse era un difetto. Il calcio italiano avrebbe bisogno di qualcosa di più».
BALOTELLI «Guardi chi capisce di calcio riconosce un talento in tre minuti, da come calcia, da come guarda il gioco. Balotelli è un talento puro, ha una classe innata, sa segnare. Ma in questi anni ha subito una trasformazione. E’ sempre stato di carattere chiuso, reattivo. Non ha vissuto una infanzia facile, ha i problemi di chi ha cambiato famiglia. Quella che lo ha adottato credo sia stata fantastica. Ma lui nel corso del tempo, forse anche a causa del successo, ha esasperato quel tratto di timidezza aggressiva. Lui ama provocare gli altri per verificare se gli vogliono davvero, autenticamente, bene. E’ una sfida impossibile, così. Io gli auguro di ripartire. Ma ci deve mettere fatica e umiltà».
INTER CAMPUS «E’ una delle scelte di questi anni che più mi entusiasma. In una trentina di paesi nel mondo dei ragazzi giocano al calcio e crescono con l’Inter. E’ un investimento senza alcun ritorno immediato se non la crescita dell’amore per la società. Ne sono fierissimo, l’impegno della società ora prosegue grazie all’impegno di mia figlia Carlotta. Abbiamo avuto riconoscimenti all’Onu, da importanti associazioni di volontariato sociale. L’idea che grazie all’Inter per dei ragazzi e le loro famiglie sia possibile coltivare una nuova speranza di vita è qualcosa che ci riempie di orgoglio».
STRAMACCIONI «Gli allenatori rispondono sempre di risultati che non sempre dipendono direttamente dai loro meriti o dai loro demeriti. Ci sono fasi, momenti, fortune che incidono. Scelsi Stramaccioni, che aveva vinto con la primavera la Youth League, al termine del rapporto con Ranieri, grande signore e grande allenatore. Stramaccioni concluse bene la stagione e cominciò meglio quella successiva. Poi ci fu un crollo. E, nel calcio moderno, checché se ne dica, contano i risultati. I “progetti” sono difficili da sostenere se non ci sono le vittorie. Ora allena in Grecia. E’ intelligente, ha doti».
INTER «L’ Inter è un fatto artistico, quasi poetico. E’ capace di provocare immense, inarrivabili, gioie e grandi amarezze. Mai mezze misure. Per me l’Inter è apertura al nuovo e coraggio. E’ una passione forte, una meravigliosa malattia. Se ne sopportano le debolezze e se ne ammira il coraggio, come si farebbe con un figlio».