Nella nostra storia dei numeri dieci eravamo arrivati a Bergkamp. Dal 1995 viene introdotta una importante novità: i numeri di maglia personalizzata. Da quell’anno, perciò, ogni giocatore può scegliersi il suo numero dall’uno al 99, ma certi numeri mantengono il loro fascino, tra questi sicuramente il dieci, che rimane il più ambìto. Il primo ad indossare il dieci personalizzato è Benny Carbone, che non vive però un periodo esaltante all’Inter. Nell’estate del 1997 allora l’Inter fa l’acquisto più importante della sua storia: Moratti regala ai tifosi il più grande calciatore del mondo, Ronaldo, prelevandolo dal Barcellona. (Continua sotto)
Nonostante abbia appena 21 anni è già soprannominato il fenomeno, perchè è veramente un giocatore impressionante, un fenomeno della natura per il suo dribbling e scatto nel breve, incubo dei portieri perchè ogni volta che si presenta davanti a loro sono destinati a cadere all’indietro tramortiti dalle sue finte. Con il suo acquisto il presidente nerazzurro porta l’Inter al centro del mondo calcistico, gli occhi di miliardi di persone sono puntati sul Meazza nerazzurro, inteso come stadio, ma anche come nuovo Meazza, perchè Ronaldo ricorda proprio il centravanti ambrosiano degli anni ’30. Infatti “Ronnie” è sicuramente un numero nove, centravanti puro, ma il nove è già indossato dal guerriero cileno Ivan Zamorano, l’allenatore Gigi Simoni allora gli assegna il dieci, quasi anche a voler sottolineare l’importanza del giocatore, anche se non è un trequartista. E l’allenatore emiliano chiarisce subito alla prima riunione tecnica che i giocatori non sono tutti uguali, ma c’è un fenomeno tra loro e la squadra dovrà giocare al suo servizio. Simoni è un allenatore vecchia maniera, niente calcio totale e collettivista, bollato quindi come difensivista, in realtà significa che nel suo calcio i difensori fanno i difensori, i centrocampisti i centrocampisti e gli attaccanti gli attaccanti. A Ronaldo non si chiedono coperture difensive e liberato dai compiti tattici può sprigionare tutta la sua potenza e fantasia. Comunque l’Inter non è certo una squadra che gioca con il brasiliano davanti e dieci difensori, ma con un tridente offensivo del calibro Djorkaeff-Zamorano-Ronaldo a cui come se non bastasse sono pronti a dare il cambio due talenti come Recoba e “sciuscià” Moriero. Dietro invece funziona il calcio tradizionale con due marcatori, un libero e un terzino di spinta (è il giovane Javier Zanetti, non ancora capitano, la fascia è ancora dello Zio Bergomi). A centrocampo c’è il giusto amalgama di grinta, polmoni e eleganza con Ze Elias, Simeone, Winter e Cauet che si alternano per tre posti. Ma torniamo a Ronaldo, la sua prima stagione è strepitosa con 25 gol in campionato in 32 partite giocate, ma le decisioni arbitrali favoriscono la Juventus (siamo già in pieno dominio moggiano), le gioie arrivano allora in Europa dove l’Inter trionfa in Coppa Uefa per la terza volta in sette anni. Anche i gol più magici di Ronaldo sono nelle coppe, a Piacenza in Coppa Italia scarta tutta la squadra avversaria prima di depositare il pallone in rete, un gol per pochi perchè la partita non fu trasmessa da nessuna Tv; poi a Mosca in Coppa Uefa danza sul ghiaccio dribblando tre difensori in uno spazio di pochissimi metri, infine il gol nella finale di Parigi suggella la stagione, al termine della quale il fenomeno lascia la maglia numero dieci per riappropiarsi del suo amato numero nove, che gli viene riconsegnato da Zamorano, che si deve “accontentare” di un 18, che significa uno più otto, come scritto letteralmente sulla maglia. Il dieci allora va ad un altro grande acquisto dell’era morattiana, forse l’ultimo vero numero dieci italiano, Roberto Baggio.