Che bello quando c’era Mourinho, lui andava in sala stampa e pettinava i giornalisti, senza tanti complimenti. Che epiche le sue conferenze stampa, da quando si presentò con quel suo “non sono un pirla”, a quando baciò lo stemma dell’Inter rispondendo a chi gli chiedeva perchè non c’era il tricolore. (Continua sotto)
Soli contro tutti, l’apice fu nella conferenza del “a me non piace prostitusione intellecttuale”, e poi “non si è parlato di una Ruma con zeru tituli”, e così via. Tutti compatti, tutti felici, anche arrabbiati certo, ma sopratutto primi in classifica, campioni, vincenti, perchè a pensarci bene, altrimenti non aveva senso tutto il resto. Poi Mourinho è andato al Real, le lacrime e l’abbraccio con Materazzi, ma la macchina del presidente madrileno ad aspettarlo e l’assenza a San Siro con sessantamila tifosi che lo aspettavano, ma poco male, a lui gli si perdona tutto, e poi ci siamo sentiti tutti Mourinho, tutti pronti a scimmiottarlo, a lottare nel nostro piccolo contro la prositusione intellectuale, contro ogni voce che mettesse in cattiva luce l’unità di spogliatoio e società, eppure qualcosa non quadrava. Fare i mourinhi con l’Inter che faceva acqua da tutte le parti, nona in classifica, non era più la stessa cosa. E poi questa idea che ogni cosa provenisse dai media fosse un attacco destabilizzante, qualcuno l’ha presa molto sul serio, è andato in paranoia, come un piccolo Stalin o un Ayatollah, ma non sarà che ogni situazione va analizzata per bene e caso per caso, cos’è successo dopo Inter-Lazio, Melo e Icardi hanno davvero litigato? E Mancini e Jovetic? Farsi domande non è bene per i talebani, ma per tutti gli altri è salutare. Amala.