Matthias Sammer veniva dalla Germania dell’Est, doveva essere l’erede di Matthaus, ma lui avrebbe preferito averlo come compagno, invece nell’estate del ’92, quando arrivò all’Inter dallo Stoccarda, il trio dei panzer tedeschi Bremhe-Klinsmann-Matthaus aveva già levato le tende. L’adattamento all’Italia fu allora traumatico, il doppio passaggio Ddr- Germania dell’Ovest-Italia fu troppo per lui. Sammer non imparò nemmeno una parola di italiano e viveva rintanato nella sua villa sul lago di Como, dove si narra non disfò mai le valigie. Le qualità c’erano e Osvaldo Bagnoli gli cucì addosso il ruolo di regista davanti alla difesa, ma lui voleva fare il trequartista e non ci pensava di rimanere dietro. Il paradosso è che quando tornò in patria lo misero addirittura a fare il libero e fu il secondo giocatore a vincere il pallone d’oro in quel ruolo, guarda caso vent’anni dopo Beckenbauer. Lasciò il calcio prestissimo, a 31 anni nel ’98, a causa di una grave infezione contratta dopo una normale operazione. Dall’Inter invece se ne andò dopo sei mesi, nel gennaio del ’93 fu ceduto al Borussia Dortmund per nove miliardi di lire, all’incirca la stessa cifra per cui i nerazzurri lo avevano prelevato dallo Stoccarda.